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La bellezza e la verità_Nella natura selvaggia

Il 28 aprile 1992 Chris, facendo autostop, si fa accompagnare sullo STAMPEDE TRAIL, un sentiero in una zona impervia dell’ALASKA vicino a FAIRBANK.
Lì, con un largo sorriso in volto, testimoniato da una foto che si fa scattare scendendo dalla macchina, s’incammina sulla strada coperta di neve.
In spalla uno zaino con poche cose necessarie, ma molto meno di quelle sufficienti, e anche qualche libro amato.
Il giorno prima aveva scritto a un amico: «Potrebbe passare molto tempo prima che io ritorni al Sud.
Se quest’avventura avrà un esito finale e non dovessi più ricevere mie notizie sappi che per me tu sei un grand’uomo. Ora entro nella natura»


Stampede Trail

 

Lo Stampede Trail è un sentiero che collega Healy (città delle miniere di carbone) al Parco Nazionale del Denali, in Alaska. 
La sua costruzione è iniziata nel 1930 per essere utilizzato dalle compagnie minerarie per il trasporto dei materiali provenienti cave di montagna.
Nel 1961 una parte del sentiero venne ristrutturata così da poter essere percorsa dai veicoli tutto il tempo dell’anno.
Oggi è percorsa esclusivamente da viaggiatori e turisti.
Lungo lo Stampede Trail si incontra l’autobus numero 142, “the magic bus” nel quale Chris visse fino alla sua morte.
Dal 1993 lo Stampede Trail e il magic bus sono meta di pellegrinaggio da parte di turisti e curiosi interessati a scoprire, ed imitare, la storia di Chris McCandless.

 

Ultime parole...

 

Il 3 luglio, zaino in spalla, Alex si mette in marcia per tornare indietro. Dopo due giorni si rende conto che il fiume Taklanica,
che prima aveva attraversato senza troppe difficoltà, adesso scorre freddo e rapido a piena portata, gonfiato dalle piogge e dal disgelo dei ghiacciai.
E inoltre piove a dirotto. Non trova altra possibilità che quella di tornare indietro. Scrive nel suo diario: «Disastro. […] Inzuppato di pioggia.
Il fiume pare impossibile. Solo, spaventato». Sarebbe bastato avanzare di qualche chilometro per trovare un varco praticabile, ma Alex non aveva mappe: intransigente, non le aveva volute con sé.
L’ultimo suo messaggio è scritto a stampatello su una pagina strappata di un romanzo di Nikolaj Gogol e firmato col suo vero nome:
«S.O.S. Ho bisogno del vostro aiuto. Sono malato, prossimo alla morte, e troppo debole per andarmene a piedi. Sono solo, non è uno scherzo.
In nome di Dio, vi prego, rimanete per salvarmi. Sono nei dintorni a raccogliere bacche e tornerò verso sera. Grazie. Chris McCandless».
Chris muore per stenti e denutrizione associata, probabilmente, a una qualche forma di avvelenamento dovuta all’assunzione inconsapevole di piante nocive.


Ma il suo ultimo messaggio al mondo, lanciato quando ormai era certo che per lui non c’era più alcuna speranza di sopravvivenza è:
«Ho avuto una vita felice e ringrazio il Signore. Addio e che Dio vi benedica!».
E di che cosa dunque era alla ricerca Chris? Da che cosa era attratto? Che cosa scopre? I suoi due ultimi due anni di vita sono ricchi di tracce di questa meta.
Scrive dall’Arizona all’amico Wayne: «Non mi riesce di rinunciare a tutta questa libertà e semplice bellezza»

Ultimo aggiornamento: 31-08-2017

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